il Mercato delle Gaite

un evento da non perdere

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> Bevagna prende vita

Un evento medievale

Nata negli anni ’80 come “Festa della Porchetta”, la manifestazione si è connotata sin da subito per la grande attenzione alla ricerca storica.

Dal longobardo watha, ovvero “guardia”, deriva la denominazione di “guaita o gaita“, termine con cui vengono indicati i quattro quartieri nei quali Bevagna ed il territorio circostante erano suddivisi. La divisione è attestata dagli Statuti comunali giunti fino ad oggi nella redazione del XVI secolo. Sulla base di tale testo si ricreano, durante la Festa, i momenti più rappresentativi e suggestivi rappresentanti le antiche magistrature cittadine, la vita sociale e le attività economiche dell’antica MevaniaSempre dagli statuti si ricavano preziose notizie circa l’economia cittadina, le modalità e le tecniche di produzione dei principali prodotti locali, il funzionamento dei forni, dei mulini, l’organizzazione di alcune botteghe, le modalità di vendita di determinate merci. La manifestazione, che si articola nell’ultima decade di giugno, vive il suo momento più significativo nei giorni del Mercato, che si sviluppa all’interno dei quattro quartieri.

Pur nel rispetto sostanziale dei dati offerti dalle conoscenze storiche, ogni Gaita ha saputo dare al proprio Mercato una fisionomia autonoma e, per certi versi, caratterizzante. Così si va da allestimenti apparentemente poveri, nei quali si offrono esclusivamente prodotti locali, a soluzioni più articolate, nelle quali si dà spazio anche all’intervento di artigiani esterni. Le vie si popolano di banchi e si animano del rumore delle botteghe nelle quali il visitatore può trovare stoffe, oggetti in cuoio, vimini, cordami, carta, ferro battuto, rame candele lavorate a mano ed ancora formaggio, pesce, pane appena sfornato e focacce. A completamento del Mercato è stata concepita la realizzazione di alcuni mestieri medievali, secondo le antiche tecniche di lavorazione e di produzione. Nella scelta degli stessi, le Gaite si caratterizzano per interpretazioni autonome, ispirate sia ad una rigorosa fedeltà alla realtà economica della Bevagna medievale (forno, tele, lavorazione del ferro), sia ad una lettura più libera ma altrettanto fedele nella riproduzione delle tecniche e degli strumenti di produzione. Tali botteghe rimangono aperte per l’intera settimana, contribuendo a creare quel clima di fervore che culminerà nei giorni del Mercato.

La Cartiera “Valchiera”: creare la carta dai cenci

A Bevagna il tempo pare essersi fermato al Basso Medioevo, quando il Comune visse un suo momento di splendore con il fiorire di attività artigianali e commerciali. Nel Mercato delle Gaite un ruolo preminente viene svolto dall’attività dell’antica cartiera, luogo deputato a creare carta bambagina secondo il procedimento medievale direttamente dalla macerazione degli stracci. Nel periodo antecedente all’invenzione della stampa, infatti, l’uso della carta era un privilegio riservato a una ridottissima schiera di eletti, soprattutto monaci e prelati.

Solo molti secoli più tardi la carta cominciò ad essere creata con l’apporto della cellulosa degli alberi. La carta bambagina di Bevagna dunque, dopo secoli in cui rimase dimenticata, da quando c’è il Marcato delle Gaite, vive una nuova stagione di successo, seppure limitato ad esperti, collezionisti ed addetti ai lavori. Viene prodotta in un laboratorio nel cuore del borgo secondo tecniche e con macchinari in tutto e per tutto fedeli all’epoca del Medioevo. Il luogo in cui avviene la lavorazione della carta è la “Valchiera”.

Qui vengono portati i cenci, la preziosa materia prima, già pesati e suddivisi in “boni”, “grossi”, “vergati”, “paratura” e “schuoso”. Subito il “cenciaio” provvede alle successive fasi della “scrollatura”, “arcapatura” e “scieglitura”, durante le quali vengono ulteriormente suddivisi in base ai materiali, lino, canapa e cotone e sminuzzati. I cenci vengono poi messi a macerare per tre giorni nella calce e quindi passano nella “pila idraulica a magli multipli” dove vengono battuti fino a diventare una poltiglia. La poltiglia viene poi messa in un grande tino pieno d’acqua dove il “lavorante” immerge la “forma” o “modulo” per filtrare la pasta da carta, che poi con l’aiuto del “ponitore” depone sul feltro.

I feltri con in mezzo la pasta da carta, che già ha ricevuto la filigranatura della tela del modulo sulle cui maglie è impresso il marchio dei fabbricanti, vengono poi pressati per far uscire l’acqua e quindi stesi per asciugare. Dopo lo “stendaggio” i fogli di carta vengono staccati dal feltro e passano alla “collatura” durante la quale vengono trattati con la “gelatina” o “colla animale”, ricavata dagli scarti delle concerie. Infine i fogli, dopo essere stati satinati e piegati dai “cialandratori” vengono raggruppati in “risme” pronti per la spedizione. Oggi come nel medioevo.

 

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Le camere del Monastero

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